lunedì 28 luglio 2014

Figliemamme


Parlo a quelle mamme che sono ancora figlie, a quelle donne che hanno la fortuna di diventare madri e accanto hanno la loro stessa mamma che, seduta in seconda fila, fa il tifo e incita e, qualche volta, entra in campo a dare il cambio. Io sono una di loro. E non me ne vergogno affatto, anzi ne vado profondamente fiera. E a mia madre dedico questo post strappacuore.
Sono nata senza superpoteri e non è vero che a diventare madre ti spuntano tutte le forze del mondo. Certo, scopri di avere risorse a cui prima non avevi la necessità di attingere, ma spesso e volentieri la stanchezza supera i livelli e vorresti solo dormire e ti viene pure un po' da piangere e ti giri e la cerchi come un automatismo che nessuno ti potrà mai sradicare. Ti torna su, come i supplì a natale, come un nodo che dallo stomaco sale e proprio non ce la fai a non chiamarla e prendi il telefono e le parli e già la metà delle mosche che ti avevano invaso il cervello muore stecchita. Con la voce da topolino le biascichi un "non sto bene" e lei arriva. Hai trentacinque anni e arriva con la stessa rapidità di quando ne avevi sei e ti dici "cazzo! ma ce la farò mai ad arrangiarmi?" e la risposta la sai già, ma neppure la consideri e forse un po' non la vuoi neanche vedere.
Torni dall'ospedale e sei un po' impaurita perché quel piccolo pesciolino che hai portato a casa sembra non starci poi così bene fuori dal suo acquario e temi - temi ogni giorno - di non essere all'altezza della sua immensa presenza. Lo guardi, ti guardi, lo ascolti e ti ascolti. Non puoi farne a meno perché un figlio ti restituisce la tua immagine, e non è sempre facile starsi a guardare, alle volte fa male. E come dentro un gioco di specchi, ti giri e guardi lei che è sempre lì, un passo indietro. Lei ti guarderà, non si sprecherà in sorrisi, basterà un cenno della testa che sarà sempre in avanti, mai indietro. Respirerai, tirerai su col naso e tornerai dal tuo pesciolino con la stessa velocità con cui lei è venuta da te.
Poi litigherete, furiosamente. Lei ti dirà di fare in un modo - che è il suo - e tu sosterrai di voler fare in un altro modo - che è il tuo. E avrete entrambe ragione, perché nel gioco di specchi i vostri ruoli si confonderanno così profondamente che perderete il segno del tempo.
Vi cucinerà quando non ne avrete il tempo, la voglia e neppure le forze, andrà a prenderlo all'asilo e ve lo terrà quando sarà ammalato. Non farà mai come le avrete detto di fare. Se ne fregherà, esattamente come facevate voi qualche anno prima, quando era lei a dirvi cosa fare.
Qualcuno vi darà della viziata, e sarà solo l'invidia a parlare. Qualcuno si improvviserà psicologo/astrologo/sociologo e sarà solo la menopausa a dare forza a ogni fiato. E voi ve ne fregherete, esattamente come vostra madre vi avrà detto di fare.
Perché dall'amore materno non si deve guarire, e chi vi dice il contrario nutre solo il fastidio di non riuscire ad amare così profondamente.
E quindi posso dirlo una volta per tutte: io non guarirò mai. Sarò sempre fallibile, ingiusta, fragile, inquieta, insicura.
Proprio come una figlia. Proprio come una madre.

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