lunedì 23 gennaio 2017

La paura di noi 2.0

Mi lascio alle spalle una settimana che è stata un lungo spazio bianco. Il fiato mi è mancato così tante volte che in certe sere pareva tutto fermo. La vita alterna pause infinite a sorprese invadenti. C'è però una cosa che mi ha spinta in avanti come una corrente sotterranea, ed era un po' la stessa cosa che in certi momenti mi tirava giù cavandomi di bocca l'ossigeno: l'amore.

Ho passato una vita a preoccuparmi per gli altri, a tirarli su da terra stropicciando i vestiti, strattonando i capelli, è il mio modo di stare al mondo e prevede che sia io a occuparmi degli altri, a salvarli, a curarli. È egoismo il mio, perché così li controllo tutti, così mi rassicuro e mi tengo buona.

Niente - niente - mi ha mai detto male e ho sempre pensato che sarebbe andata così per un pacco di tempo, o forse non ci ho mai veramente pensato, perché è così che bisogna vivere: senza pensarci affatto.


Resta il fatto che proprio in questa lunga settimana tutto quell'amore mi è tornato indietro come un'onda e sono stata immersa e sommersa dalle parole di chi mi vuole bene. E mi vogliono bene così tante persone che sono ancora incredula. Non crediamo mai di meritarlo l'amore e allora ci affatichiamo fino allo stremo delle forze per dimostrare quanto siamo grandi, ma essere piccoli non è un male. E piegarsi al bisogno alle volte è un po' come tornare embrioni e galleggiare dentro a un ventre che non è più quello materno, ma ci sfama uguale e ci protegge e ci permette, un'altra volta ancora, di tornare alla vita con la forza di chi non è - e non sarà - mai solo.