Il Polpetta è uno che sulle note di Katy Perry muove passi
indisciplinati e smaniosi. Il Polpetta vede Shakira e chiama mamma. Il Polpetta ha una
meravigliosa palla rosa. Il Polpetta è un maschio.
Qualche giorno fa chiedevo in prestito a mia nipote i suoi
vecchi braccioli da piscina e lei, molto cordialmente, mi scansava dicendo: zia, sono di barbie, non mi pare il caso. Questa mattina una mamma mi ha
fermata per discutere del tempo infausto di questi giorni e, mentre si invocava
il dio sole – che durante le mie vacanze si è preso a sua volta un
inappropriato periodo di ferie – ha guardato il Polpetta pigiato dentro il suo
passeggino e ha aggiunto: avrei un bel
triciclo da prestarti, ma è rosa, peccato.
Vaglielo a spiegare tu che adori il rosa e che, soprattutto,
al Polpetta il triciclo sarebbe piaciuto pure color amarena. Del resto lo
scambiano per una femmina quando indossa la felpa blu, gli scarponcini marroni
e il tristissimo berretto grigio, un triciclo rosa avrebbe potuto confondere ulteriormente la creatività dei passanti. Saranno i riccioli biondi sulla nuca, saranno
le fossette a forma di cuore. Sarà quell’aria da smorfiosa che assume quando
vede in lontananza un biscotto al cioccolato. Sarà. Il punto è che ad oggi il
Polpetta se la sguazza di brutto tra le coccole della mamma e l’altalena del
parco giochi, di tutto il resto non gliene importa nulla.
Possiede una svariata quantità di indumenti blu, ma non si
priva del rosso, del giallo, dell’arancione. Il verde è la sua arma vincente,
perché di verde vestito sembra un meraviglioso quanto gigantesco bruco da
lattuga. Ma se ci scappa una manata di rosa, ecco, non si imbarazza affatto.
Ha una splendida cucina giocattolo e si diverte a tirarmi le
pentole. Ha una bambola che scaraventa in giro ed è prossima al ricovero in
traumatologia. Ha un cavallino, una macchinina, un camion con il rimorchio. Se
al parco giochi vede un monopattino rosa cerca di rubarlo, se vede una palla di
Peppa Pig la nasconde nella cesta del passeggino. Non conosce differenze. Non
sente il peso di nessun genere sulle spalle. Non si è ancora lasciato tatuare
in fronte le regole base che una società ben fatta ti impone.
Presto lo vedrò scansare la bambola, schifare le femmine,
idolatrare i gormiti. Lo so. Solo l’idea mi intristisce. Perché quest’ometto
bello e puro seduto al mio fianco mi trasmette onde di meravigliosa quiete
emotiva. E’ il satellite del mio umore,
e – non neghiamolo – io sono ancora la sola donna della sua vita ed è
una sensazione che non conosce paragoni. Ma io punto ad altro. Voglio che la sua scala cromatica comprenda tutto, anche i colori che gli altri giudicano inappropriati, voglio che alzi gli occhi al cielo e si lasci affascinare dall'azzurro immenso del suo spazio infinito, ma che riconosca anche la meraviglia del rosa più puro che si apre alla sera, quando il cielo si piega su di noi dentro un'infinita carezza materna.
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