venerdì 18 luglio 2014

Due dita di brodo

Due dita di brodo. Sono bastate due dita immerse nel lento bollore di qualche verdurina per decretare la fine di un'era. Ho smesso così di essere l'illusionista della mise en place, non ho più improvvisato una cena con una carota e tre bastoncini di pesce, non ho più potuto portare in tavola un panino al prosciutto, ma ho iniziato a mangiarlo in piedi, mentre tra una padella e l’altra facevo resuscitare il passato di verdura, imbastivo tre varianti di carne condita ma non affatto salata, e prendevo possesso del fornello a gas con la stessa sicurezza con cui avrei affrontato un’appendicectomia. Se prima l’unico libro di cucina che mi ero degnata di sfogliare era quello della divina Parodi, e mi era parso geniale impanare un filetto di pollo con il fondo di patatine destinato alla pattumiera, poi mi sono trovata costretta ad acquistare verdure che, nell’illusionismo più avvincente, mi ero degnata di cogliere solo dentro il congelatore del supermercato. Piegata sopra i fuochi di un lento bollore mi specchiavo dentro uno stagno di carote e patate con la stessa aria innamorata di un novello Narciso.
Che si tratti di svezzamento o autosvezzamento, lo spritz delle diciannove diventerà un miraggio, la pizza scongelata tre minuti prima di essere ingoiata perderà la sua efficacia, il kebab ciucciato a bordo strada in piena notte assumerà i contorni sfumati delle memorie più esotiche. In realtà il take away vi salverà dalla fame in molte occasioni, ma sarà consumato a distanza di sicurezza dal pargolo, che verrà invece sfamato con portate insapori e perdutamente sane.
Io ovviamente parlo del primo figlio, perché con il primogenito tutto si misura in ml e cucchiaini da caffè, mentre già col secondo la sicurezza è tale che riuscireste ad imboccare Cracco strappandogli persino un sorriso.
Dal canto suo invece vostro marito imparerà a scongelare il passato di verdura in contemporanea alle alette di pollo e si sentirà esattamente come il Mago Otelma davanti al pubblico in attesa. Tutto subirà un’irreversibile tendenza alla rivoluzione.
Poi, ovvio, lo so, ci sono anche mamme che amano cucinare, che con il bimby hanno fatto un patto di sangue e che riuscirebbero ad imbastire un pranzo per dodici persone con due uova e un kg di farina, ma questi soggetti meravigliosi li avvicino a fatica, ciò che conservano dentro il freezer ha un qualcosa di vagamente simile ai temutissimi xfiles e pertanto se vedo transitare un loro tupperware nutro un genuino tremore alle tibie.


La gioia di cucinare non credo sboccerà mai nel mio capientissimo cuore da mangiatrice seriale. Io adoro cibarmi delle meraviglie altrui, e proprio in virtù di questo mio innato talento, ho assaggiato più volte il brodo senza sale cercando in ogni molecola il gusto della salute. Ho sniffato con altrettanta insistenza la farina di mais trovandola a tratti meravigliosa. La pappa della sera, quella verdina, con un velo di robiola e un punto di olio di oliva la trovo ora a dir poco incantevole. Lecco il cucchiaio del Polpetta e lui mi guarda con aria infastidita, se poi avanza qualcosa perché a lui – maschio anche nello stomaco – la pappa fredda fa pure un po’ schifo, io me la ingoio come un sorbetto.
Mmmmmhhh - dico - lui mi guarda, sorride, ci capiamo sempre io e lui. Allora apro il cassetto, tiro fuori la cioccolata, gliene infilo in bocca un angolino. Mmmmhhh - dice - io lo guardo, sorrido, ci capiamo sempre io e lui.

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