C’è una cosa che mi fa
vomitare più delle uova sode ed è il giornalismo mediocre. Quando inciampo
in quello trentino i conati si sommano ai singhiozzi e non so quale delle due
cose mi si incunea con maggior dolore dentro al corpo. E c'è un giornalismo
trentino, piuttosto recente (che a dire nuovo mi pare quasi di bestemmiare) che
stamattina è riuscito a recuperare il caffè con cui mi ero diligentemente
sfamata per farlo decollare dentro al lavello della cucina.
L'ostinazione
della notizia è a dir poco inquietante, già lo sapevo, ma quando la notizia si
fa succulenta i cannibali iniziano a ballare, il pentolone fuma e i commensali
arrivano. Tutti in fila, come pecore senza testa. Che per sfamarsi con una
decina di like si fanno follie e la bocca non serve mica, così come non servono
gli occhi e il cervello per ingoiare subdoli dettagli che trasformano la
notizia in poltiglia.
Di
un uomo che ha ucciso i suoi figli si dicono cose - cose - e se lo si
fa in casa propria, nulla da eccepire, ognuno è libero di pensare e di dirselo,
pure, cosa gli fa paura e di interrogarsi, anche, sul delirio del mondo. Scriverne
invece è un atto di rispetto che va a stabilire un confine netto tra
l'informazione utile e il narcisismo inutile. E scrivere con una puntualità
forsennata, quasi al limite dell'isterismo, mi pare uno di quegli atteggiamenti
tipici di chi solitamente non ha un cazzo da dire e allora, quando viene messo
nella condizione di poterlo fare, protrae l'orgasmo del verbo, fino al punto di
non ritorno, e ne usa e abusa fino ad azzerare qualsiasi stato di scarsamente
proficua umanità.
Aggiornamenti
costanti, questa è la predilezione di certe testate che lavorano online,
testate che si sentono in grado di precisare, ogni ventisei secondi netti, cosa
sta accadendo sul territorio e lo fanno con una modalità che somiglia tanto al
vociare di certi tinelli dove si mangiano patatine molli e si beve vino aspro.
E fanno bene questi individui che scrivono con ostinazione, sia chiaro, a farlo
con la stessa foga dello spaccalegna che si limona l'ascia e il bosco intero,
perché siamo noi i destinatari di questa folle destrutturazione umana.
Siamo noi la massa di beoti che legge e cerca notizie di cui ritiene necessario
ciucciare l’osso, e siamo noi quelli posseduti - tutti - da una becera
curiosità, così pruriginosa, che è limitata solo dalla batteria dell'iPhone. E
ci si rattrista tutti, sì, e ci si lascia frantumare il cuore, sì, quando lo
smartphone ci muore in mano. Quella è una morte per cui siamo in grado di
provare dell'autentico dolore, solo e unicamente quella.
A una sola persona ho
pensato mentre leggevo tutto quello che i giornalisti avevano da aggiungere,
una sola, e me la sono immaginata sorridente, disinformata, bella di una
bellezza che solo il procinto di una storia che brama di fiorire ti può dare. Un’adolescente
che respira, cammina, sorride, un’adolescente che ha tutta la vita davanti. Ho
pensato a quella figlia, sorella, che il telefono ce l'aveva in mano, ho
idealizzato la sua imminente possibilità di guardarci dentro, di consultare un
social network, un'informazione, una curiosità, ho costatato il fatto che a
dilaniarle il corpo e la mente non sarebbe stata solo la bomba a mano lanciata
da un demone di cui non si conosce il nome, ma le mille altre reinnescate più e
più volte da tutti noi. Perché siamo un popolo che balla sui morti, siamo un
popolo che mangia cadaveri, siamo un popolo che ha una squisita predilezione
per i giudizi, le condanne, i misteri. Siamo un popolo che non conosce e non sa
darsi pace. Ma siamo, soprattutto, un popolo che non sa stare zitto, che non sa
comprendere e rispettare il dolore di chi rimane.
E ho usato il plurale
certo, ho ghigliottinato la mia testa per prima, ho affondato su me stessa l'orrore
di un'epoca che ci rappresenta tutti, per intero. La funzione di un
giornalismo, se mai dovesse essercene una, non è quella di spingere
magistralmente l'informazione verso la non-verità di una coscienza e neppure
vendere oppio a un popolo che di lucido, ormai, mantiene solo le scarpe. La
funzione del giornalismo è quella di combattere la disinformazione, parte
anch'essa di un'ignoranza destinata fatalmente a imporsi sempre e comunque. La
funzione del giornalismo, quando è fatto bene, è anche quella di venderti una
pagina bianca, un signorile silenzio in grado di rispettare il futuro che
crolla - e continua tristemente a crollare - dentro a un presente che
non ha proprio più un beato cazzo da dire.