Lo
guardi al mattino, quando si sveglia e ha già il ditino alzato perché sa già
cosa chiedere. Ha i capelli infeltriti dalla notte, due punture di zanzara in
mezzo alla fronte, una caccola secca che gli pende dal naso e pensi: "l'ho
fatto proprio bello. gli manca
solo la parola..."
Poi
esci. Vai a fare la spesa. Incontri quella signora - che qualcuno deve aver
imbalsamato davanti al bancone del pane - e che ogni sacrosanta volta lo
avvicina tempestandolo di domande.
"mi
dici ciao?"
"mi
dai un bacino?"
"ti
piace il pane?"
"non
parli?"
"non
sorridi?"
"sei
arrabbiato?"
E' lì
che il Polpetta inizia le manovre di allontanamento. Scivola fuori dal
cappellino, ingoia tutto l'ossigeno del supermercato e urla! Una vocale, mica tutte, ovvio.
Allora gli infilo il ciuccio. Lui mi guarda, si gira dall'altro lato e inizia a
fissare con aria annoiata le uova sullo scaffale. La signora, che molto
probabilmente si è spruzzata la lacca anche sui neuroni, mi guarda e ribadisce
per l'ottantaduesima volta il concetto.
"Ma
non parla?"
Io
sorrido, prendo il pane e me ne vado.
Subito
dopo incrocio alla cassa quella ragazza che prima era al pane e che si prende
la briga di raccontarti di quel bambino, figlio
dell'amica di un'amica di una lontana parente, che non parlava, no, e aveva una qualche bruttaroba e nessuno se ne era accorto! Che certe
cose sembra impossibile accadano ancora! E poi - senza che tu riesca neppure a
fiatare - ti rassicura pure dicendo che tuo figlio è ancora piccolo e poi è un
maschio - e si sa (ricordiamocelo ancora una volta) - che i maschi sono
lenti.
E'
così quindi che una volta a casa, trainata da un indiscutibile impulso emotivo,
mi avvicino, lo guardo mentre sgranocchia il suo tredicesimo biscottino e gli
sussurro nell'orecchio "m-a-m-m-a".
Lui mi guarda a stento, sputa un pezzo di biscottino, se lo spalma ben bene
sulla maglia pulita e mugugna un "g-n-a-m".
Allora
ci riprovo con l'altra metà del cielo "p-a-p-à" e lì neppure si gira,
prende il biberon, se ne scola un terzo per poi sputarselo sul resto della
maglia.
Quando
la sera scendiamo a giocare nel piazzale di casa incontriamo il cane a cui si rivolge benevolo con un
"ba-ba-ba". Subito dopo, in riva al fiume è un'anatra a tagliarci la strada e, sempre
benevolo, la guarda e dice "ca-ca-ca".
Attraversando la strada vediamo una macchina e gesticolando con la manina emette un
lunghissimo "mmmhh".
Ma è proprio quando torniamo a casa e siamo davanti alla porta che il gatto dei vicini ci viene incontro - e solo
allora - con gli occhi a forma di cuore e il ditino alzato si inerpica dentro
un confuso "m-a-m-m-a". Davanti al gatto. E lì sorrido,
perché il Polpetta la sa talmente lunga che io neppure vedo la fine.
Sarebbe
forse comodo un manuale per monitorare la crescita di un figlio, ma non c'è.
Per quanto in molti ci provino a vendertene una, non esiste una sequenza universale.
Anzi - se posso darvi un
consiglio - nei nove mesi di
gravidanza stracciatevi gli occhi sopra a tutte le guide di questo mondo, ma
quando partorite mettete via tutto. Cestinate i libri. Usate la connessione
internet solo per monitorare i fidanzati della Canalis o i costumi da bagno
della Belen. Godetevi
l'improvvisazione di essere mamma! Perché c'è un tempo per tutto e non
è necessariamente quello descritto dentro una tabella prestampata. E perché
esistono molti istanti di una vita che, mescolati
per bene in ordine sparso,
generano una storia che non va letta, ma vissuta appassionatamente. Proprio
perché unica ed irripetibile.
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