venerdì 13 giugno 2014

L'evoluzione della borsetta: ventimila leghe di esistenza materna.

Io con la moda ho un rapporto difficile. Le borse enormi, profonde quanto un canyon si nutrono di tutti i miei ammennicoli più preziosi. Cerco le chiavi e non le trovo, del burrocacao non ho notizie da mesi, e per le forcine ho mandato avanti i cani molecolari. E’ che a un certo punto smetti di lottare con l’assorbente che, al bar, esce puntualmente assieme al portafoglio, e ti ritrovi a cercare cose a caso e la ricerca è talmente varia e di lunga durata che a un certo punto ti fermi, alzi la testa e ti rendi conto che hai dimenticato quale sia l’oggetto del desiderio. Non ricordi neppure dove siano finiti gli auricolari del telefono, anzi dubiti di averli mai avuti e decidi quindi di presentarti al negozio con la scatola di un vecchio nokia – perché è l’unica che sei riuscita a riesumare – lamentandoti di un qualcosa che in realtà ti serve solo da alibi. Al negozio, il commesso chiede gentilmente lo scontrino fiscale e lì, in quel momento di pathos senza precedenti, l’ombra del Polpetta riemerge dai taschini della vecchia borbonese. Con un sospiro, appoggio la borsa al bancone e inizio ad estrarre tutto quello che mi trovo tra le mani.
Un bavaglino che porta i segni delle rivoluzione francese. Due ciucci. Un calzino rosso. Un calzino verde. Un pannolino (pulito, tranquilli). Quattro confezioni di fazzoletti di carta raffiguranti un maiale dalle svariate dinamiche facciali. Tre biscotti plasmon fossilizzati, due sbriciolati, uno buono che mi infilo subito in bocca. Un cucchiaino di plastica. Un cucchiano di metallo. Il burrocacao avvolto da un pullover di polvere. Per ultimi gli auricolari. E proprio quando tiro con forza il filo, come dentro una rete per pesci, escono nell’ordine: tre penne, un peluche a forma di ape, sei forcine per capelli, una chiavetta usb e giurerei di aver visto scappare anche un cane, ma forse me lo sono immaginato.
Il commesso mi guarda, non sorride, non uno spasmo a dargli una parvenza di vitalità. Gli ho pure sporcato il bancone di briciole e scontrini accartocciati e fazzoletti mummificati. Dopo aver rimesso tutto dov’era, spingendo ben bene il contenuto verso il fondo, me ne torno a casa. Il Polpetta mi viene incontro - senza un calzino - prende la scatola del nokia  e inizia a rosicchiarne gli angoli, allora gliela tolgo di mano, lui si arrabbia. Prova ad afferrarla comunque! Io mi guardo attorno, non so cosa fare, cerco un posto in cui nasconderla. Niente, non c’è niente da fare. E’ più forte di me.
Me la infilo in borsa facendola scomparire per sempre.

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