So che a voi non è capitato. E lo so perché guai a dirlo. Perché se una donna parla
della sua patatina post travaglio poi Rocco Siffredi non ti si presenta più
neppure in pubblicità, rimane a bordo monitor inorridito. Però sdoganiamo pure
una questione così lugubre. E se ho deciso di farlo prima di affrontare temi
come svezzamento, spannolinamento, stettamento o altro, è perché sono convinta
che il valore di una donna si misura in molti campi e la capacità di reazione
di un corpo femminile ha qualcosa di magico e immensamente bello. E perché un
parto, qualsiasi esso sia, ti cambia dentro e fuori. E perché una donna è una donna
e lo rimane anche dopo aver messo al mondo un figlio.
Io –
coltivatrice diretta di un fusto che alla nascita pesava 4 kg e 330 grammi e
che è venuto al mondo come un pallone da rugby schiantato tra le braccia del
padre – nella prima dichiarazione rilasciata alla stampa ho sottolineato come
mai e poi mai mi sarei avventurata oltre nella riproduzione umana. Perché dopo
il parto si riparte da zero e si ricomincia anche nelle cose più scontate. Potrei quindi soffermarmi nel
descrivervi la concentrazione che ho impiegato la prima volta che ho fatto
pipì, o l’orrore che ho avvertito il giorno in cui l’infermiera dell’ospedale
mi ha ordinato di scaricare l’intestino dichiarando che dovevo smetterla di fingere
di non sapere di cosa stesse parlando, ma – tranquilli – non lo farò. Però sull’onda
delle confidenze vorrei farvi immaginare in quanti modi sono riuscita ad
ignorare il Papi tra le mura di casa. Un giorno credo di averlo persino annaffiato
scambiandolo per il ficus beniamino di mia madre. E lui – amorevole come pochi –
si è detto soddisfatto dichiarando che quel getto d’acqua era proprio ciò che
desiderava da mesi.
Perché tra
le varie sfighe che posso aver incontrato nel mio puerperio c’è stata pure la variante
di doverlo condividere con una come Belen Rodriguez che, a un mese dal parto, dichiarava:
io e mio marito lo abbiamo fatto subito. Ovviamente io, succube del suo fascino
latino, mi sono così decisa ad affrontare il fidanzato con lo stesso entusiasmo
con cui affrontavo il dentista, scoprendo così che quella di Belen è proprio
una farfallina tatuata e che il piccolo Santiago in realtà le è stato recapitato
da un corriere della Bartolini.
Può essere
facile, come no. Ci si può sentire bene e ripartire subito, oppure può accadere
– e accade – che a un certo punto si tema di non tornare più quelle di prima. E
si può avere paura. Anzi, si deve avere paura. Perché la paura è indice di
amore, amore verso se stesse e la paura deve essere un motore, non un freno.
Qualcuno sarà più paziente, qualcuno sarà meno comprensivo, qualcuno ti dirà
che il problema è nella testa, qualcuno diagnosticherà che il problema è
fisico. Qualsiasi sia la questione, qualsiasi sia la risposta, il punto è che
una risposta c’è sempre e va cercata. Perché il nostro corpo è una macchina
magnifica che può ristabilire ogni connessione. Il nostro corpo è fatto per
fiorire e sfiorire in continuazione. Non arenatevi quindi nel negare a voi
stesse l’amore, ma cercatelo. Sempre. Perché una donna felice è una mamma
felice e perché, è vero, non tornerete più quelle di prima, ma sarete mille
volte meglio!
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