giovedì 11 settembre 2014

Coscienza materna: sfamarla, accudirla, addomesticarla.

Lo guardo mentre cerca di incastrare un pezzo di puzzle e lo fa al contrario, spinge con tutto se stesso mentre scodinzola col ciuccio. Allora mi avvicino, mi scappa un "no così, amore". Poi, proprio quando sono a un passo da lui, una voce alle spalle sussurra con fermezza "fatti i beati affari tuoi" e allora mi fermo e sto lì col fiato sospeso mentre, in piena autonomia, incastra il pezzo dentro il suo solco. Solo allora mi guarda, spalanca le mani, mi mostra i palmi e sorride felice.
Alle spalle, naturalmente, non ho nessuno, eppure la voce l'ho sentita. Penso alle ore di sonno che mi mancano, all'esubero di ritornelli targati Garinei e Giovannini che, sommati l'uno all'altro, mi hanno forse del tutto frantumato la logica. E invece scopro, che tra le costole mi è spuntata, grossa come un baobab, la più astuta coscienza materna. E che di tutti i mali forse è il minore perché per prima cosa modifica le opinioni che prima nutrivo con la saggezza di un maestro zen.
Perché prima si è sempre molto bravi. Alcuni anche dopo, ma questi fanno parte della categoria dei "perduta memoria", quelli che con un bimbo di tre anni affermano "il mio non ha mai pianto, il mio ha sempre dormito, il mio non ha mai avuto coliche" e sono casi clinici riconosciuti persino dalla sanità. Capiamoli e passiamo oltre.
Io non parlo per derivazioni, io dico la mia ed è ciò che sento e vivo e vale esattamente per quello che è: un nulla, del tutto personale.
Con l'arrivo del Polpetta è come se il mio cervello, che prima era un attico, si fosse diviso in tante piccole unità abitative. E in ogni stanza c'è mio figlio. Un'attesa. Un passo. Una parola. Uno sguardo. Una paura. Un senso di colpa.
Tanti sensi di colpa, che sono come i brufoli in adolescenza: ogni mattina ti alzi e te ne trovi due o tre stampati in fronte. Perché se non mangia ti improvvisi chef e sforni ottantadue pietanze diverse e, se non mangia ancora, ti lasci attanagliare da un solo pensiero: non so cucinare. Perché se non dorme gli dai la tetta, il sonaglietto, la bambolina e, se non dorme ancora, ti accasci dentro al cuscino con il suo pianto in un orecchio e la solita vocina malefica nell'altro, che ripete: non sono una brava mamma.
Perché si è sempre un po' subdole con se stesse, non ce ne perdoniamo una e anche quelle che in strada, o sul lavoro, o dalla parrucchiera, ti sbattono in faccia la loro inquietante perfezione - pure loro, fidatevi - se la fanno in ginocchio la preghierina della sera. Magari da sole, magari senza dirlo a nessuno, magari un secondo prima di dormire, ma tranquille che se lo sgranano pure loro il rosario dei materni riproveri: domani lo coccolo di più, domani gli compro un giochino nuovo, domani lo lascio giocare con il servizio di piatti che tengo sotto chiave...
E allora alle volte, quando siamo troppo stanche e ci gira male e vediamo che niente, ma proprio niente, ci sembra al posto giusto, invece di colpevolizzarci inutilmente e farci carico dei diverbi astrali che il nostro segno alimenta impunemente, prendiamo il bambolo e lasciamolo al papà, alla nonna, al vicino di casa single, bello e persino empatico quanto l'amica del liceo (io non ce l'ho ma ne sogno uno da sempre) e andiamo a farci un giro, a dormire due ore, a pascolare dieci minuti tra i nostri migliori desideri e diamoci pace. Ecco. Allora - solo allora - in quella pianura di schifosa serenità, la vostra coscienza si accuccerà ben bene tra il cuore e il polmone destro, e si addormenterà, lasciandovi per un po' libere di non pensare.
Poi, ovviamente tornerà, e vi suggerirà quando fare un passo indietro per lasciare al vostro bambino la possibilità di fare un passo avanti e vi tornerà utile e sarà spesso indispensabile. Va solo addomesticata, come gli spiriti della notte, come i draghi nelle favole, come i battiti del cuore.

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