martedì 21 ottobre 2014

Papi, ti svezzo in due.

Sì, lo so, da mesi in molti si chiedono che tipo sia il Papi. Beh, ci tengo a rinfrancare i più allarmisti, dichiarando che se il Papi non avesse mostrato fin da subito la sua fredda ironia da eschimese ai tropici, io non lo avrei mai e poi mai preso in considerazione.
C'è da dire che il suo animo, apparentemente così disinteressato alle scene, in realtà è il frutto di una strutturata finzione, perché lui dentro ai miei racconti ci sguazza come un maiale dentro al letame. Lui si farebbe l'editing se solo gliene dessi l'opportunità. E di certi testi teme, teme moltissimo, ma essendo uno che si sparerebbe dentro alla bocca di un leone tanto per capire cosa si prova, affronta il rischio con il brivido di chi resta lì, a mezz'aria, tra la mia pubblicazione e il suo non conoscerne per intero il contenuto.
Questo incipit era doveroso, i maschi sono animali da branco, e c'erano fior fior di padri che da giorni mi fissavano indisposti e gli uomini indisposti non sopravvivono a lungo, pertanto sono intervenuta solo per salvare la specie umana.

Ma torniamo a noi.

So per certo che molte di voi hanno il Bimby e molte altre hanno il Bimby, un marito che cucina, lava, stira e passa il Folletto mentre va narrando al figlio le avventure di Ulisse. Bene, giovani fanciulle che mi auguro possediate anche in natura il gran culo di cui narrate, non mi rivolgo a voi. Mi rivolgo invece a quelle tal'altre donzelle che ogni giorno si avventurano tra gli scaffali del supermercato improvvisandosi giostraie nel tentativo di intrattenere il bambolo che, dentro al carrello, mette costantemente a repentaglio il saldo da pagare alla cassa.
Se c'è una cosa che proprio non riesco a capire invece è il percorso che una mente maschile effettua per arrivare alla medesima cassa del supermercato. Io vado per ordine di arrivo, il Papi invece segue il ciclo dei suoi pensieri e pensa alle uova mentre sfila dallo scaffale la carta igienica, e poi pensa che ha fame e che è dimagrito troppo e che deve reintegrare e allora va al banco della carne e compra tutto ciò che gli sembra commestibile e poi si dimentica che gli ho chiesto per la trentaduesima volta di comprarmi il caffè, perchè - ovviamente - lui il caffè non lo beve mica e allora si compra due ovetti kinder (uno per lui e uno per il Polpetta) e va alla cassa. Fine della spesa.
Eccomi quindi che lo trovo in cucina mentre sbatte in padella una braciola alta quattro centimetri e nel mentre puntualizza che si è dimenticato di comprare il caffè ma in compenso ha preso la cioccolata e che non ha preso la camomilla, ma ha comprato otto bacardi breezer al lime, che aiutano ugualmente la digestione.
E' in momenti come questi, quando lo vedo nascondersi dietro il fitto fumo della terza braciola in cottura, proprio mentre cerco di scollarla dalla padella, che mi chiedo cosa ci sia stato in me di così profondamente folle dall'averlo voluto come padre di mio figlio. E non trovo mai una risposta, una sola intendo. Perché mentre dalla statale il condominio in cui abito viene scambiato per un'acciaieria - tanto è il fumo che esce dalla velux - il Papi inizia a gironzolare per casa a bordo di un minuscolo triciclo e il Polpetta lo rincorre ridendo a perdifiato. Solleticata da quel brulicare di sorrisi avanzo di qualche passo mentre il fumo si dirada, e finalmente incrocio i loro occhi - così uguali, così belli - e ci ricasco ancora!
Il Polpetta si avvicina, afferra un pezzo di carne bruciacchiata e la inizia a ciucciare gorgogliando come un sifone intasato. Il Papi gongola a bordo del suo triciclo, guarda il figlio e si dice che sì, è stato proprio bravo a comprargli quella braciola alta quattro centimetri, che se fosse per lui lo svezzamento partirebbe proprio da lì. Dall'altro lato della cucina mordicchio un quadretto di cioccolata e li guardo con aria da smorfiosa di marciapiede. Mi piacciono esageratamente, fumo d'amore. Anche per il Papi. Anche per lui. Non me ne capacito, ma è così.

Credo. 



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