venerdì 30 settembre 2016

Notti in bianco, baci a colazione. Un libro da vivere.



Sono andata alla presentazione del libro di Matteo Bussola: Notti in bianco, baci a colazione.

La mia amica Tiziana non poteva andarci e così ha chiesto a me di fare un sunto della serata. Io i sunti, come una miriade di altre cose, non li so fare e allora le ho scritto una lettera e i dettagli sono tanto apocalittici quanto veri.

Sono certa che non saranno le mie personali vicende a convincervi a comprare il libro, ma forse la curiosità si avventerà sulle vostre nervose falangi e alla fine cercherete Matteo su Facebook e leggere della sua normalità e la studierete tutta fino a sfinirvi e poi, un pezzo alla volta, capirete.

Vabbè, questa sono io e quello lì accanto è proprio lui.


Cara Tiziana, ecco cosa ti sei persa ieri sera.

Ti sei persa la Sartori che va al pastificio e compra cinque canederli freschi e fa ripetere alla commessa, per ben tre volte di fila, «li abbiamo fatti oggi, giuro». E poi si raccomanda che vengano impacchettati bene, perché devono entrare in uno zaino e cerca di ricostruirsi un alibi per sostenere l’interrogatorio della commessa, ormai insospettita dall’inquietudine della cliente, ma forse più dalla camicia di flanella che la Sartori sfoggia in un caldo pomeriggio di settembre.
«Sono per te? Sei sicura che ne vuoi solo cinque? Perché li metti in uno zaino? Non ce l’hai una borsa frigo? Ma dove li devi portare?».Ti sei persa quindi la Sartori che, stremata dalla sanguinaria avanzata verbale, narra tutta l’epopea del Bussola e convince infine la commessa ad annotarsi su un foglio a quadretti il titolo del libro, proprio accanto alla parola speck.


Ti sei persa la Sartori che va dal Bussola e glieli porge, i suoi canederli. E sempre la Sartori che blatera qualcosa tipo «mettili in frigo e non sbatacchiarli in giro». E ti sei persa lui che gentilmente si volta, ride, ringrazia e fissa le spalle curve della Sartori che si tuffa di testa in mezzo alla folla sfiatando inadeguatezza e pudore.
  
Ti sei persa la Sartori che ad ogni rilettura del testo tira su col naso e declina la testa verso il basso come una che c’ha seri problemi con la cervicale. Ecco, prendi nota: mai leggere il Bussola se stai in quel giorno del mese, se sei indisposta, sì, insomma se hai le tue cose. Potresti sconfiggere la ritenzione idrica, far risalire la marea, ritrovarti addosso una strana umidità corporea. E mia nonna diceva: mai fare il bagno in quei giorni lì. E allora, ecco, mai andare dal Bussola in quei giorni lì.

Ti sei persa la Sartori che beve birra. E beve birra. E poi beve birra. E poi ride nervosamente e poi tira su col naso. E beve birra. Ancora.
  
Ti sei persa la Sartori che si morde nervosamente il rosso azalea delle unghie e pensa «Una domanda! Fatti venire una domanda! Ce l’hai una cazzo domanda?» e, niente, alla fine ingoia una scheggia di rosso azalea con lo stesso soave sorriso con cui Kate Middleton si sistema la veletta davanti al figlio che le vomita sulle scarpe.

Ti sei persa la Sartori che a un certo punto trattiene il fiato, alza la mano, mostra a tutti l’ascella sudata, blatera qualcosa e poi sorride alla risposta del Bussola. E niente, non chiedermi cos’ha risposto, perché credo che parlasse del CERN o una roba così. Ecco.
  
Ti sei persa la Sartori che si mette in fila con il suo librino in mano e pensa a qualcosa di brillante da dire al Bussola.
  
Ti sei persa la Sartori che chiude la fila e si presenta al Bussola con un intelligentissimo «mi chiamo Alessandra e sono quella dei canederli».
  
Ti sei persa la Sartori che sta lì come una stalker ad aspettare che il Bussola vada a pisciare e lo trattiene per la prostata per fare una fotina insieme.
  
Ti sei persa la Sartori che torna a casa felice e si diletta nell’unica attività casalinga che le riesce bene: farsi su un panino col prosciutto.
  
Ti sei persa la Sartori che mette a dormire il piccolo Nic raccontandogli di quella volta che la mamma è andata a sentire un signore che raccontava un sacco di storie belle dove la vita ti abbraccia tutta e a te non resta che farti abbracciare.
  
Ti sei persa la Sartori che si addormenta accanto al piccolo Nic e a tutte quelle storie così vere, così belle.

E, a riprova che quel che dico è autentico, ti allego uno foto dove si capisce che stavo vestita esattamente come una che è appena andata a far la legna e misuravo mentalmente l’idiozia delle frasi che ero riuscita a partorire con il sorriso più ebete della storia del West.

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