venerdì 16 gennaio 2015

Polpetta: nome proprio di persona.



Ma voi come l'avete chiamato vostro figlio? Ma soprattutto, perché quel nome?

Ho il ricordo meraviglioso di una ragazza che al corso preparto raccontava di aver optato per un'Asia perché lei e il marito amavano viaggiare, ricordo di essermi chiesta cosa sarebbe accaduto se avessero coltivato la passione sfrenata per i salumi e mi sono immaginata una tenera frugoletta di nome Mortadella. Perché noi genitori riusciamo a dare il meglio quando affrontiamo questa difficile quanto romantica dinamica genitoriale e proprio in virtù di questa scelta, spesso, ci sentiamo anche dei gran fighi.
Ne ragionavo ieri con un'amica mentre discutevo dei nomi scelti per i protagonisti di un romanzo. E' così anche per un figlio, con l'unica variante che non sai come andrà a finire. Con un libro la storia ce l'hai davanti per intero e allora i nomi li scegli calibrando bene il tutto. A un metro e novantadue di bellezza maschile non potrei mai rivolgermi con un Bertoldino, ma tuo figlio mica lo sai se diventerà un metro e novantadue.
Zuleika, Baldassarre, Teodosio. Metti un nome, fai una storia. E prega che la storia stia in piedi perché poi lo sguardo di tuo figlio ti renderà il favore.
Certo, il Teodosio con la faccia di Ryan Gosling manderebbe in vacca il sistema, perché il solo sospirarne le vocali mi renderebbe il piacere di poterlo chiamare decine e decine di volte e allora quel nome, così lontano dalla mia mente superficialotta, assumerebbe un valore inimmaginabile. Ma un Teodosio di un metro e cinquantaquattro con la faccia da cavalluccio marino magari faticherebbe quei sei minuti in più a convincermi.
Forse anche dodici, ecco.
E' chiaro che è la persona che porta il nome e non viceversa, ma c'è  da dire che i genitori spesso si lasciano prendere la mano e sfornano misericordiose scelte anagrafiche.
Del resto il Polpetta è stato virtualmente battezzato dalla voracità di una donna che se lo ingoierebbe ogni mattina dentro un bacio e, per contro, sempre lui - lo so - maledirà questo nomignolo insulso e a dieci anni mi chiederà di smetterla - "dai, mamma! cazzo!"(ovviamente sbiadirò davanti al suo vocabolario) - e odierà le polpette proprio come le schifa ora: con supremo orrore.
Già.

Perché è così, sappiatelo, tanto ci avete messo a cercare quel nome, tanti libri, tanti mesi, tanti dibattiti e tanto lui ve lo rinfaccerà realizzando l'esatto contrario di ciò che voi avevate programmato, pensato, cesellato. Perché sta lì, in quel loro grado di autonomia biografica che sigillano il confine tra il vostro amarli e il loro essere, nel punto esatto dove iniziano a scrivere da soli la loro storia. Pensiamo di esserne noi gli autori e invece è l'esatto contrario, sono loro che ad ogni mutamento riadattano di pagina in pagina la nostra combattuta esistenza e lo fanno mettendo punti, andando a capo, esattamente dove noi invece ci avremmo voluto vedere una virgola.

E' l'imprevedibilità del destino. E' l'imprevedibilità dell'amore.

Nessun commento:

Posta un commento