Eh, sticazzi, sì. La vita è un percorso a ostacoli dove per
sopravvivere devi solo fare due cose: maturare prontezza di spirito e imparare
un sacco di parolacce. Ecco io sulla seconda ero preparatissima, sulla prima un
po’ meno, decisamente meno. Ma tant’è che ci si indottrina in qualche modo,
pure nell’urgenza. Ecco, io adesso - per essere del tutto sincera e farvi
capire quindi come ci si sente nudi di qualsiasi poesia o religiosa credenza -
sono oggettivamente provata. C’ho tutti i muscoletti del cervello che urlano e
le fibre nervose perennemente in allarme. Ma niente paura, se sto messa come un
cubo di Rubik a cui hanno scollato le tesserine è anche perché il cerchio deve
chiudere il suo giro. Se vi venissi a dire che sto bene, benissimo, mentirei
spudoratamente e solo in virtù di una bella messa in onda, di una facciata
disonesta, di una tranquillità imprudente. In verità, in verità vi dico, che
sto ‘na chiavica. Il corpo reagisce e direi pure bene, ma la testa arranca. La
paura intacca lo spirito e c’è poco da fare, o accetti la sganasciata del
destino o ti metti lì in attesa che tutto prima o poi passi sul serio.
Ecco,
io sto in quel preciso frangente in cui l’attesa pare eterna. Sto in bilico sul
ciglio della sedia ad accusare ogni colpo di tosse come un attacco di
tubercolosi. Sto in allerta dietro la porta ad aspettare l’iperventilazione.
Sto affondata in quel preciso istante della notte in cui ogni ombra diventa
demone. Nessuno mi ha detto che devo stare lì, sia chiaro, ma ci sto uguale.
Questa è la vera verità: la paura è un fil di ferro che ti taglia in due il
cuore, e ogni ferita - si sa - non smette di sanguinare subito.
Lo
so, dovrei fare come fanno i cani, scrollarmi la pelliccia e sparare lontano
tutte le minuscole merdine che mi si sono appiccicate addosso. Lo so, ma il
punto è che non sono neppure un cane e la mia superficie è assurdamente porosa.
Io delle emozioni tiro dentro tutto, aspiro e mando giù senza darmi il tempo di
capire. Liberarsi del proprio sentire è un lavoraccio che comporta fatica e
rivoluzioni. Autentiche rivoluzioni. E chi ce l’ha sempre la forza di mettersi
a fare casino? Io sì - di solito sì - ma mi viene bene da sbronza, da euforica,
da incazzata, quando sto a metà strada tra la stanchezza e la lucidità di
spirito mi perdo come si perdono tutti.
C’è
però una cosa che mi salva sempre e di questa cosa certi giorni vado fiera,
certi altri no. Io tra il fegato e il pancreas ho installato un autentico
laboratorio di alchimia. Piastrellato di verde sta tutto affollato di ampolline
fumanti. Ecco, in quel minuscolo ambiente lì, dove l’aria è irrespirabile e il
fuoco pare portarti via il naso si rielaborano le emozioni. Non ci si mette due
attimi a trovarla la pace, ce ne voglio pure quattro o cinque di attimi e una
sana consapevolezza che quel disordine umano è tanto indisciplinabile quanto
prezioso. Dal laboratorio ogni ventisei o ventisette attimi escono delle
sottili asticelle d’oro, oro purissimo. Ho tutta una struttura interna che è
popolata di pagliuzze luminescenti pronte a piegarsi sotto il peso del mondo.
Io sono un cantiere aperto dove entra la luce senza uscirsene mai e mi scompongo
e destrutturo ogni volta come se fosse la prima e non sarò mai ultimata neppure
il giorno in cui penserò di esserlo.
E,
niente, ringrazio Eilish per aver generato questa creatura. L’ho acquistata
pochi giorni prima dell’intervento, volevo qualcosa che sostituisse in tutto e
per tutto la mia tiroide. Tra un diamante grosso come un molare e uno slogan
per una campagna elettorale ho scelto lo slogan, anzi no, la parola, anzi no,
la parolaccia. Che a me le parolacce calzano tutte dannatamente bene. Quindi,
sticazzi gente che se una è figa ‘n c’ha proprio le forze di smettere di
esserlo, pure col collo di Maria Antonietta, pure con l’abbronzatura del sovrano
della Valacchia, pure con l’umore di Darth Vader.
Ah
Ah
Ah
Nessun commento:
Posta un commento